Idrogeno liquido: produzione e funzionamento

È ormai opinione molto diffusa che nella transizione ecologica l’idrogeno avrà sicuramente un ruolo molto importante. Già ad oggi, infatti, risulta essere fondamentale per la filiera industriale e chimica globale. Circa il 98% dell’idrogeno prodotto, infatti, viene utilizzato nei due settori sopra citati.

Diversamente da quello che si potrebbe pensare, l’idrogeno non è una fonte di energia, ma un vettore che permette di immagazzinare e trasportare l’energia prodotta da altre fonti. Questo lo rende una risorsa strategica con il potenziale di trasformare vari settori in futuro. Attraverso l’impiego delle celle a combustibile, infatti, l’idrogeno potrebbe rivoluzionare il sistema energetico globale, trovando applicazione come combustibile per i trasporti o come fornitore di energia per la produzione di elettricità e calore.

Che cosa è l’idrogeno?

L’idrogeno (H) è un gas incolore, inodore e atossico, costituito da molecole biatomiche H2. È molto leggero, con un peso specifico di 0,0899 g/l, mentre allo stato liquido pesa 70,99 g/l. Il suo punto di ebollizione è -252,77 °C.

L’idrogeno ha la più alta densità energetica tra i combustibili: 1 kg di idrogeno contiene la stessa energia di 2,1 kg di gas naturale o 2,8 kg di benzina. A temperatura ambiente, l’idrogeno è poco reattivo, ma quando brucia all’aria, producendo una fiamma azzurra, reagisce con l’ossigeno formando acqua.

Alcuni metalli, come platino e palladio, possono assorbire idrogeno molecolare e favorirne la dissociazione in idrogeno atomico, rendendolo più reattivo; per questo sono usati come catalizzatori in molte reazioni chimiche.

La produzione dell’idrogeno

L’idrogeno è probabilmente l’elemento più abbondante nell’intero universo, ma è presente sulla Terra principalmente in forme combinate con altri elementi, in composti come l’acqua (H2O) e nei composti organici, tra cui gli idrocarburi e le biomasse. Ad esempio, i vegetali sono costituiti da strutture organiche complesse, mentre il gas metano (CH4) è formato da un atomo di carbonio e quattro atomi di idrogeno.

Se l’idrogeno è presente in natura però a questo punto potrebbe sorgere spontanea la domanda: come si estrae? Ebbene, a livello globale, si producono oltre 500 miliardi di metri cubi di idrogeno, utilizzati principalmente nell’industria petrolchimica.

Circa 190 miliardi di metri cubi provengono dai processi di raffinazione del petrolio, e la maggior parte dell’idrogeno è ottenuta da fonti fossili come gas naturale e petrolio, o come sottoprodotto dell’elettrolisi cloro-sodio.

L’idrogeno viene estratto da queste combinazioni attraverso processi chimici che richiedono energia, il che lo rende una fonte energetica secondaria. Tuttavia, l’energia utilizzata per produrre idrogeno non deve necessariamente provenire da fonti fossili; può essere generata anche da energie rinnovabili, come quella solare, eolica e idrica.

Come produrre idrogeno

Dopo aver visto cos’è l’idrogeno e dove è possibile trovarlo, è necessario analizzare come si produce idrogeno concretamente:

  • Reforming: per la produzione di idrogeno liquido in combinazione con celle a combustibile verranno utilizzati dei piccoli reformer, ovvero, dei sistemi destinati ad applicazioni mobili in veicoli e in piccoli sistemi fissi. Grazie a questo sistema si ipotizza di poter sfruttare la maggiore densità energetica e l’impiego di carburanti liquidi in celle a combustibili;
  • Ossidazione parziale: si tratta della trasformazione termica di idrocarburi pesanti, come ad esempio residui di oli pesanti dell’industria petrolifera) con l’ausilio di ossigeno e di vapore acqueo (in parte). Grazie a idonee quantità di ossigeno e di vapore è possibile ottenere la gasificazione senza dover usare energia fornita dall’esterno. Inoltre, il metodo in esame funziona anche con il carbone finemente triturato e miscelato con acqua al fine di ottenere una sospensione con un contenuto solido;
  • Idrogeno da etanolo: qualche anno fa alcuni esperti dell’Università del Minnesota hanno presentato ufficialmente un reattore portatile che è in grado di trasformare alcol in idrogeno liquido. Questa tecnologia ovviamente potrebbe rivoluzionare letteralmente il trasporto dell’energia. Infatti, il reattore in questione è piccolo e facilmente trasportabile da un luogo a un altro e contiene già l’energia necessaria. In estrema sintesi, in una prima fase, una parte di etanolo viene bruciata al fine di ottenere la temperatura necessaria alla reazione. Abbinato, però, a una cella a combustibile, l’apparecchio in questione è capace di sviluppare la potenza di un chilowatt;
  • Altri metodi avanzati: alcuni metodi moderni permettono di produrre idrogeno liquido anche senza emettere CO2, a patto che l’energia elettrica impiegata sia prodotta da fonti rinnovabili, come ad esempio quella eolica o fotovoltaica. Un metodo piuttosto innovativo è quello che consente di produrre idrogeno direttamente da biomassa. Alcuni metodi prevedono l’utilizzo di biomassa solida (ad esempio i pellets) mentre altri si basano sulla fermentazione di liquami ed altre materie biologiche. Attualmente, i metodi che sembrano essere più promettenti sono la gasificazione e la fermentazione di biomasse dai quali poi è possibile ricavare biogas. Ad oggi però non esistono metodi che consentono la produzione economica di idrogeno direttamente da biomassa.

Gli effetti sull’ambiente

La combustione dell’idrogeno con l’ossigeno produce principalmente acqua demineralizzata e pochissime emissioni inquinanti, che possono essere ulteriormente ridotte controllando la temperatura di combustione.

Infatti, le celle a combustibile, specialmente quelle a bassa temperatura, emettono praticamente zero sostanze inquinanti (mentre quelle ad alta temperatura riducono le emissioni fino a 100 volte rispetto ai sistemi tradizionali). È importante, però, valutare l’impatto ambientale dell’idrogeno considerando l’intera catena di produzione e utilizzo dell’energia, da quella primaria fino all’applicazione finale.

Questo approccio globale permette di comprendere meglio i benefici ambientali dell’idrogeno rispetto ad altre fonti energetiche e di identificare eventuali criticità lungo il processo, garantendo una transizione energetica sostenibile e consapevole.

Idrogeno: “il carburante del futuro”

In quanto vettore energetico, l’idrogeno offre sicuramente un’opportunità interessante per la mobilità sostenibile. I veicoli alimentati a idrogeno utilizzano celle a combustibile per convertire l’idrogeno in elettricità, garantendo così emissioni zero.

Questo riduce la dipendenza dai combustibili fossili e diminuisce l’inquinamento atmosferico. Tuttavia, la diffusione dell’idrogeno richiede infrastrutture adeguate alla produzione, lo stoccaggio e la distribuzione, nonché miglioramenti nelle tecnologie delle celle a combustibile per renderle maggiormente economiche e efficienti. Nonostante queste sfide, l’idrogeno sembra avere il potenziale per trasformare il settore dei trasporti e contribuire significativamente alla transizione verso un futuro caratterizzato da basse emissioni di carbonio.

Il futuro dell’idrogeno

H2

L’idrogeno è considerato un pilastro fondamentale nella transizione verso un’energia più sostenibile, e ha il potenziale di coprire fino a un quarto della domanda energetica globale entro il 2050.

La sua diffusione potrebbe avere un impatto significativo non solo nella riduzione delle emissioni di carbonio, ma anche nel rilancio dell’economia globale. Si stima che lo sviluppo della filiera dell’idrogeno possa creare circa 5,4 milioni di nuovi posti di lavoro sempre entro il 2050, in uno scenario segnato da una riduzione del 95% delle emissioni di carbonio.

Come fa l’idrogeno a diventare liquido?

L’idrogeno, a contatto con la maggior parte dei metalli elementari, tende a formare idruri, che sono composti solidi. Questo processo può rendere i metalli più fragili, alterandone le proprietà meccaniche. Tuttavia, quando l’idrogeno viene raffreddato a una temperatura estremamente bassa (pari a -253 gradi centigradi), subisce una trasformazione e diventa liquido.

In questa fase, l’idrogeno perde la sua reattività chimica nei confronti dei metalli, evitando la formazione di idruri e preservando l’integrità strutturale dei materiali con i quali entra in contatto.

I diversi tipi di idrogeno

L’idrogeno è classificato in base al processo chimico di produzione e ad ognuno di essi è associato un colore. Ad esempio, l’idrogeno marrone è ricavato dalla gassificazione del carbone ed è quello più inquinante.

Viceversa, quello grigio, è ricavato dal processo di steam methane reforming e ha un impatto ambientale di 11 kg CO2/ Kg H2. In poche parole, a seconda di come viene prodotto, l’idrogeno assume caratteristiche particolari.

Quanto idrogeno si consuma in Italia?

Nel mondo solo nel 2021 si sono consumati ben 94 Milioni di tonnellate di idrogeno grigio. In Italia la domanda di idrogeno è stimata in circa 0.5 Milioni di Tonnellate ed è utilizzato prevalentemente nel settore della raffinazione dell’ammoniaca e della chimica.

Quali sono le migliori applicazioni dell’idrogeno?

I campi di applicazione dell’idrogeno sono svariati. Tendenzialmente, ad oggi, l’elettrificazione è sicuramente una delle scelte migliori per “decarbonizzare” la gran parte dei settori in cui viene usata energia quotidianamente. Rientrano in questi settori l’industria legata alla produzione dell’acciaio, ceramica oppure del cemento o chimica.

Altro settore in cui è possibile utilizzare con ottimi risultati l’idrogeno è quello dei voli a lungo raggio. L’impiego dell’idrogeno in questo settore potrebbe essere una svolta per abbattere l’enorme percentuale di anidride carbonica emessa ogni anno dagli aerei. Purtroppo ad oggi è necessaria ancora molta ricerca per poter concretamente utilizzare l’idrogeno in questo settore, anche se stanno fiorendo una moltitudine di start up innovative il cui scopo è quello di portare finalmente l’idrogeno anche in questo mondo.

L’idrogeno green ha un costo competitivo?

Attualmente, né l’idrogeno rinnovabile né quello blu risultano essere competitivi in termini di costi rispetto all’idrogeno grigio. Tuttavia, secondo alcune previsioni, pare che l’idrogeno green diverrà competitivo rispetto a quello grigio tra circa sei anni, ovvero dal 2030.

Ciò sarà concretamente possibile grazie allo scale up dell’industria degli elettrolizzatori e alla sua progressiva automazione, nonché all’innovazione che permetterà di ottenere strumenti sempre più competitivi e performanti.

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