C’è un cambiamento nell’aria nel mondo delle imprese e della finanza. È qualcosa di più di una semplice tendenza: è un nuovo modo di pensare, una trasformazione silenziosa ma potente che sta ridefinendo cosa significhi avere successo. Al centro di questa rivoluzione ci sono tre lettere che ormai sentiamo ovunque: ESG. Ma cosa si nasconde davvero dietro questo acronimo? ESG sta per environmental social and governance (ambientale, sociale e di governo societario) e rappresenta una bussola per orientarsi, un set di criteri per valutare un’azienda non solo per i profitti che genera, ma per come li genera. Si tratta di un vero e proprio cambio di prospettiva. Per decenni, il valore di un’impresa si misurava quasi esclusivamente leggendo i numeri del suo bilancio. Oggi, quell’analisi non basta più. L’approccio ESG ci chiede di allargare lo sguardo, di considerare l’impatto ambientale, le relazioni umane e la qualità della leadership come pezzi fondamentali dello stesso puzzle: quello del valore a lungo termine e della capacità di un’azienda di prosperare nel tempo.
Capire a fondo questi tre aspetti è diventato cruciale per chiunque voglia comprendere l’economia di oggi, che si tratti di un manager, di un investitore o di un semplice consumatore. L’idea di un investimento “sostenibile” o “a impatto” sta prendendo sempre più piede, soprattutto tra le nuove generazioni. I giovani investitori, in particolare, non vogliono più una separazione netta tra i loro valori e il loro portafoglio. Cercano coerenza, vogliono che i loro risparmi lavorino in armonia con le loro convinzioni, sostenendo aziende che contribuiscono a un mondo migliore.
Attenzione, però: non si tratta di beneficenza. È una strategia di investimento lucida e pragmatica. Un numero crescente di studi e analisi dimostra che le aziende con un solido profilo ESG sono spesso quelle meglio gestite, più innovative e meno esposte a crisi improvvise, siano esse normative, operative o di reputazione. A conti fatti, investire in modo sostenibile potrebbe rivelarsi il modo più intelligente per ottenere i migliori rendimenti nel lungo periodo.
Il Pilastro Ambientale (E): Un Patto con il Pianeta per un Valore che Dura
Il primo pilastro, l’ambiente, ci porta a esaminare l’impronta che un’azienda lascia sul nostro pianeta. Per troppo tempo, i costi ambientali della produzione sono stati visti come un “problema di altri”, un’esternalità da ignorare nei calcoli di profitto e da scaricare sulla collettività. Oggi, quella visione non è solo miope, è un rischio aziendale enorme. La crisi climatica, la scarsità di risorse vitali come l’acqua e la perdita di biodiversità non sono più argomenti per convegni scientifici; sono realtà che bussano alla porta delle aziende sotto forma di interruzioni nelle catene di fornitura, nuove tasse e consumatori sempre più esigenti. L’analisi ESG, quando si guarda all’ambiente, va a fondo. Si chiede: come sta reagendo questa azienda alle grandi sfide del nostro tempo?
Misura il suo impegno concreto nella lotta al cambiamento climatico, non a parole ma con i dati sulle emissioni di gas serra e con i piani di transizione verso le energie rinnovabili. Un’impresa che investe per rendere i suoi stabilimenti più efficienti o che decide di alimentarli con energia solare o eolica, non fa solo un favore all’ambiente. Fa una mossa strategica intelligente: si sgancia dalla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili e si posiziona un passo avanti in un mondo che va dritto verso la decarbonizzazione.
Allo stesso modo, è fondamentale la gestione dei rifiuti e dell’inquinamento. Le aziende vengono valutate per la loro capacità di ridurre gli scarti, di immaginare un ciclo di vita dei prodotti basato sull’economia circolare, dove ciò che è un rifiuto per uno diventa una risorsa per un altro. E la lente d’ingrandimento si sposta anche sulla catena di fornitura. Da dove arrivano le materie prime? Sono state estratte e lavorate nel rispetto dell’ambiente e delle comunità locali? L’azienda sta facendo qualcosa di concreto per fermare la deforestazione? Un approccio serio alle questioni ambientali, quindi, è molto più di una medaglia da appuntarsi al petto. È una strategia di gestione del rischio, un motore di innovazione e un potente strumento per costruire un marchio solido, capace di attrarre non solo clienti, ma anche i migliori talenti e i capitali più lungimiranti.
La Dimensione Sociale (S): Il Volto Umano dell’Azienda
Il secondo pilastro, quello sociale, ci ricorda che dietro ogni bilancio, ogni prodotto e ogni servizio ci sono le persone. Questo criterio analizza il modo in cui un’azienda costruisce e coltiva le sue relazioni umane: con i dipendenti, i fornitori, i clienti e la comunità che la ospita. Il principio di fondo è semplice: nessuna impresa è un’isola. Il suo successo è legato a doppio filo al benessere delle persone che la circondano e che, ogni giorno, le danno vita. Il punto di partenza è il cuore dell’azienda: i suoi dipendenti. L’analisi sociale si interroga sulla qualità del lavoro: le paghe sono eque a tutti i livelli? Esistono benefit e piani pensionistici che offrono sicurezza e stabilità? Ma soprattutto, l’ambiente di lavoro è sano e inclusivo?
Questo significa promuovere attivamente la diversità, considerandola una ricchezza e non un obbligo di legge, e creare una cultura del rispetto dove non c’è spazio per discriminazioni o molestie. Un’azienda che investe nella crescita professionale delle sue persone e le coinvolge nelle decisioni, sta costruendo il suo patrimonio più prezioso: un team di persone motivate, competenti e fedeli, che si traduce direttamente in maggiore creatività e produttività.
Lo sguardo sociale, però, va oltre i confini dell’ufficio. Riguarda il rapporto con i clienti, che dev’essere basato sulla trasparenza, sulla correttezza e su una protezione impeccabile dei loro dati. Riguarda il rapporto con i fornitori, scegliendo partner che a loro volta garantiscano condizioni di lavoro dignitose. E infine, riguarda il ruolo dell’azienda come “cittadino” nel suo territorio. Questo significa contribuire alla vita della comunità, sostenere iniziative culturali o sociali e assicurarsi che la propria presenza porti valore e non problemi. In un mondo connesso come il nostro, dove una notizia, bella o brutta, fa il giro del pianeta in pochi minuti, un impegno sociale autentico non è un costo, ma un investimento fondamentale per costruire quella fiducia che è alla base di ogni relazione duratura.
Governance (G): L’Architettura Invisibile di un Successo Solido
Infine, la governance. Se l’ambiente e il sociale rappresentano il “cosa” un’azienda fa per essere sostenibile, la governance è il “come”. È l’architettura interna, l’insieme di regole, controlli e processi che assicurano che la rotta venga mantenuta con etica, trasparenza e responsabilità. È la spina dorsale che tiene insieme tutto il resto; senza una buona governance, anche le migliori intenzioni rischiano di rimanere sulla carta, trasformandosi in un’operazione di marketing vuota. Al centro di una buona governance c’è la trasparenza. Significa fornire un’informativa chiara e onesta non solo sui conti economici, ma anche sui risultati ottenuti in campo ambientale e sociale. Si guarda alla struttura del potere: il consiglio di amministrazione è composto da persone competenti e indipendenti, capaci di fare da contrappeso al management? Esistono meccanismi efficaci per prevenire i conflitti di interesse e per garantire che le scelte strategiche vengano prese nell’interesse di tutti, non solo di pochi azionisti?
Anche qui, la diversità è un fattore chiave: un team di leadership con background, esperienze e prospettive diverse è più attrezzato per navigare la complessità del mondo di oggi e per prendere decisioni migliori. Un occhio di riguardo va poi alle politiche di retribuzione dei manager. Una governance forte lega una parte significativa dei loro bonus al raggiungimento di obiettivi a lungo termine, inclusi quelli ESG, disincentivando le scommesse rischiose per un profitto immediato. In definitiva, la governance è il sistema operativo che fa funzionare l’impegno environmental social and governance di un’azienda, assicurando che sia credibile e concreto.
L’adozione di un approccio esg environmental social governance completo non è quindi un’opzione tra le tante, ma una necessità strategica. È la presa di coscienza che la sostenibilità, in tutte le sue forme, non è un freno alla crescita, ma il motore stesso di un successo che sia non solo profittevole, ma anche giusto e duraturo.
FAQ:
Quali sono gli obiettivi dell’Agenda 2030?
L’Agenda 2030 prevede 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030, tra i quali combattere la povertà, la fame, garantire una vita sana e buona salute, la parità di genere, garantire la disponibilità di servizi igienici e acqua potabile, in modo da migliorare la qualità della vita del pianeta e dei suoi abitanti.
Per chi è obbligatorio l’ESG?
Con il decreto 125/2024, è stato introdotto l’obbligo per diverse imprese italiane, di pubblicare a partire da settembre 2025 una rendicontazione di sostenibilità. Essenzialmente il provvedimento riguarda tutte le imprese che già erano soggette a una dichiarazione di carattere non finanziario. Tutte le grandi imprese non quotate sono soggette a tale obbligo a partire dal 2026, mentre le Pmi quotate a partire dal 2027.
Chi è il responsabile ESG in azienda?
Il responsabile delle politiche ESG è l’ESG Manager, il quale è una figura professionale specializzata che implementa e coordina le strategie ESG, e funge da collegamento tra i vari settori interni e gli stakeholder esterni.