Negli ultimi anni, il riciclo dei tessuti è diventata un’attività centrale per la sostenibilità ambientale e per il superamento del modello lineare della moda tradizionale. La crescente produzione di abiti e tessili, alimentata dal fenomeno del fast fashion, ha generato un’eccedenza difficile da gestire: secondo le Nazioni Unite, ogni anno vengono smaltiti nel mondo circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, con un impatto ambientale che include l’8-10% delle emissioni globali di CO₂ e quasi il 20% delle acque reflue mondiali.

La rigenerazione dei tessuti offre un’alternativa concreta a questo scenario, perché recupera materia prima secondaria da materiali dismessi riducendo l’impronta inquinante dei mercati di moda e arredo. La transizione verso un’economia circolare in ambito tessile passa, in sostanza, dal prolungamento del ciclo di vita delle fibre attraverso processi industriali sempre più evoluti. Scopriamo quali sono.

La fase di raccolta e selezione

Il processo di riciclo tessile comincia con la raccolta dei materiali usati. I capi dismessi possono provenire da circuiti domestici o industriali, da eccedenze di magazzino o da scarti di produzione. Le aziende che si occupano della prima lavorazione intercettano questi flussi e li avviano a impianti specializzati dove si procede alla prima fase: la selezione.

Qui i tessuti vengono separati per tipo di fibra (cotone, lana, poliestere, viscosa, nylon…), per colore e per qualità. La cernita cromatica, ad esempio, è fondamentale per ridurre la necessità di nuove tinture, con un notevole risparmio di acqua e sostanze chimiche. Dopo questa prima analisi, i materiali vengono liberati da bottoni, zip e altri accessori, e avviati al trattamento meccanico o chimico a seconda del tipo di fibra e dello scopo finale.

Riciclo meccanico: dalla fibra al filato

Il metodo più diffuso nel riciclo dei tessuti è quello meccanico, per il quale i materiali vengono sfilacciati attraverso un processo di triturazione che riduce i tessuti a fiocchi. Questi fiocchi, una volta puliti e pettinati (cardati), possono essere filati nuovamente o compressi in materiali non tessuti, utili per la realizzazione di stracci industriali, imbottiture, pannelli isolanti e altro.

A seconda della qualità delle fibre recuperate, si può ottenere un nuovo filato più o meno resistente. In molti casi, soprattutto nel riciclo del cotone, è necessario mescolare le fibre recuperate con fibre vergini per ristabilire un livello adeguato di resistenza e filabilità. I materiali risultanti possono poi essere trasformati in nuovi tessuti tramite tessitura o maglieria.

Riciclo chimico: la rigenerazione molecolare

Più recente ma sempre più rilevante è il riciclo chimico dei tessuti, che permette di scomporli fino ai loro componenti molecolari. Attraverso reazioni di depolimerizzazione, le fibre sintetiche come il poliestere e il nylon vengono riportate allo stato di monomero e successivamente ripolimerizzate per ottenere materiali di qualità pari al vergine. Il processo consente anche il trattamento di fibre miste (come il policotone), difficili da lavorare meccanicamente.

Nel caso delle fibre cellulosiche naturali, come il cotone, invece, si ottiene una polpa dissolvibile che può essere rigenerata in nuove fibre simili alla viscosa. Questo tipo di lavorazione richiede l’uso di solventi selettivi e una gestione attenta degli scarti chimici.

I limiti e le sfide del settore

Nonostante tutti questi progressi tecnologici, il riciclo dei tessuti presenta ancora numerose criticità. La principale riguarda la composizione eterogenea dei capi: molte fibre moderne sono miste, difficili da separare. E il riciclo meccanico comporta una progressiva degradazione della qualità delle fibre, mentre quello chimico, sebbene più raffinato, non è ancora economicamente sostenibile su larga scala.

Un altro ostacolo è rappresentato dalla scarsa conoscenza da parte dei consumatori, che spesso non sanno dove e come smaltire correttamente i propri indumenti. In molte città italiane esistono contenitori per la raccolta degli abiti usati, ma la loro distribuzione e accessibilità sono ancora limitate.

Riutilizzo e valorizzazione: l’esempio degli stracci industriali

Esistono però anche soluzioni più immediate e pratiche per il riutilizzo dei tessuti usati. Ci sono aziende che lavorano per riutilizzare tessuti nei modi più creativi, altre che li impiegano per donazioni e lavorazioni a sostegno di chi è meno fortunato, oppure chi trasforma abiti dismessi in stracci per la pulizia industriale.

Ci sono molteplici esempi che mostrano come da un materiale di scarto si possa ottenere un nuovo prodotto, senza necessariamente inquinare l’ambiente. Per un semplice cittadino, è sufficiente seguire poche semplici regole: evitare tessuti contenenti plastiche e micro-plastiche, donare o rivendere i capi inutilizzati, provare a cercare realtà che usano tessuti di seconda mano e così via.

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Ultimo aggiornamento: 8 Maggio 2025